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Il gatto mammone di Italo Calvino



C’era una volta una donna che aveva due bambine. Una si chiamava Lina ed era pigra, bruttina e poco generosa. L’altra si chiamava Lena ed era buona di cuore, paziente e molto graziosa. Stranamente la madre aveva una forte predilezione per Lina e spesso, ingiustamente, sgridava e puniva Lena per colpe che non aveva commesso.
I1 tempo passò e le due bambine crebbero. Lena, nonostante dovesse lavare; cucinare, stirare e pulire la casa, era sempre allegra e sorridente. Lina, al contrario, pur passando nell’ozio le sue giornate, era sempre di cattivo umore.
Un giorno la madre ordinò a Lena di andare alla fontana a lavare due cesti di panni.
«Eccoti un pezzo di sapone», disse la donna. «E vedi di non sprecarlo, il sapone non ce lo regala nessuno!»
Lena arrivò alla fontana, raccolse i capelli sulla nuca, poi prese il sapone dalla tasca e iniziò a lavare i panni. Mentre insaponava la biancheria, si mise a cantare, come faceva sempre.
A un tratto, però, il sapone le scivolò dalle mani e cadde in fondo alla fontana. Lena cercò di riprenderlo, ma ogni tentativo fu inutile. La fontana era profonda e il sapone sembrava sparito. «Come faccio adesso?» si chiese preoccupata la povera ragazza. «Se torno a casa coi panni sporchi e senza sapone, la mamma mi punirà...»
E mentre pensava alla madre una grossa lacrima le scese sul viso e rotolò per terra.
Proprio in quel momento passava da quelle parti una vecchierella dallo sguardo dolce che, vedendola piangere, si fermò a domandare cosa fosse accaduto.
«Dovevo lavare tutti questi panni», spiegò Lena all’anziana signora, «ma il sapone è caduto nella fontana e non riesco a riprenderlo. Mia madre sarà furiosa con me. Non me la sento di tornare a casa e sentire un’altra volta le sue sgridate».
«Ascoltami», le disse la vecchia. «Non è successo niente di grave. Ora ti indicherò la strada per arrivare al palazzo del Gatto Mammone. Non è lontano da qui. Bussa e chiedi un altro pezzo di sapone. Vedrai che te lo daranno... ».
Lena ascoltò le indicazioni della donna, poi si diresse al palazzo del Gatto Mammone. Arrivata davanti al portone, bussò e pochi istanti dopo venne ad aprirle un bellissimo gatto dal pelo bianco e dagli occhi verdi come smeraldi.
«Cosa posso fare per te?» chiese il gatto alla ragazza.
«Vorrei parlare con il Gatto Mammone», rispose Lena «Devo chiedergli una cosa».
«Che cosa devi domandargli?» volle sapere il gatto bianco.
«Ecco... io avrei bisogno di un nuovo pezzo di sapone... una vecchina gentile mi ha detto che il Gatto Mammone potrebbe darmelo. Il mio è caduto dentro la fontana e prima di sera devo finire di lavare una montagna di panni, se no a casa saranno guai...»
«Va bene, seguimi», disse il gatto bianco, facendola entrare nel palazzo. «Vado ad avvisare il Gatto Mammone. Appena sarà libero ti porterò da lui. Tu puoi aspettarmi in quel salone laggiù». Il gatto bianco si allontanò lungo un corridoio.
Finalmente il gatto bianco venne a chiamarla: il Gatto Mammone era pronto a riceverla. Lena seguì il gatto bianco per il lungo corridoio e arrivò in un salone ancora più grande del primo. Lì, seduto su una poltrona, c’era un gatto grosso grosso, con il pelo lungo e lucido e due occhi buoni e dolci, come quelli di una mamma: era il Gatto Mammone. «Vieni, Lena», le disse il Gatto Mammone. «Ho saputo che hai perso il tuo pezzo di sapone per il bucato e che ne vorresti un altro da me».
«Le sarei infinitamente grata se potesse darmene un altro. Mia madre non mi perdonerebbe se le dicessi che ho perso il mio».
Il Gatto Mammone allora mandò a chiamare i gatti che Lena aveva aiutato nelle faccende di casa e domandò loro se Lena meritava il pezzo di sapone.
«Oh, sì!» disse il primo gattino. «Mi ha aiutato a scopare tutto il pavimento!»
«Oh, sì! » disse il secondo gattino. «Mi ha aiutato a spolverare ogni cosa nella stanza!»
«Oh, sì!» disse il terzo gattino. «Mi ha aiutato a rifare i letti!»
Rimasta sola, Lena iniziò a gironzolare per il palazzo.
In una stanza vide un gattino che si dava da fare per spazzare il pavimento. La scopa era grande e il micetto faceva davvero tanta fatica a trascinarla.
«Lascia fare a me», disse Lena. Prese la scopa dalle zampette del gatto e spazzò tutto il pavimento. Poi entrò in un’altra stanza e questa volta vide un gatto che spolverava. Cercava di raggiungere i mobili più alti ma, nonostante i suoi sforzi, non riusciva a pulire come si deve. Lena sorrise, prese lo spolverino e spolverò ogni cosa.
Nella terza stanza un altro gatto si stava affannando per rifare i letti. «Se ti aiuto io, finiremo prima», disse Lena. E in quattro e quattr’otto rifece i letti.
«Sei stata buona», disse il Gatto Mammone. «Eccoti un altro pezzo di sapone. Ancora una cosa. Quando sarai alla fontana e sentirai cantare il gallo, voltati. Ma fa’ bene attenzione a non voltarti per nessun motivo se sentirai ragliare un somaro!»
E, con questo misterioso avvertimento, il Gatto Mammone la salutò.
Lena tornò alla fontana e si mise a lavare. D’un tratto udì un somaro che ragliava forte. Ricordando le parole del Gatto Mammone, la ragazza non si voltò.
Pochi minuti dopo, udì cantare un gallo. Si voltò a guardare e in quell’attimo sulla fronte le apparve una stella d’oro che le illuminava il viso.
Lena finì il suo lavoro e corse a casa.
Appena la madre la vide con la stella d’oro in fronte, fu presa da un’invidia feroce e la obbligò a dirle cos’era successo.
Lena, che non sapeva mentire raccontò tutto per filo e per segno.
Il giorno dopo la madre decise di mandare Lina alla fontana, affinché anche a lei toccasse la stessa sorte che era toccata alla sorella. Lina fece scivolare il sapone nell’acqua e poi finse un pianto disperato.
Anche questa volta passò da quelle parti la buona vecchina, che, ascoltato il racconto di Lina, le consigliò di andare a chiedere dell’altro sapone al Gatto Mammone. Lina arrivò al palazzo, bussò e spiegò ogni cosa al gatto bianco che la fece entrare e le disse di attendere.
Annoiata, la ragazza si mise a gironzolare per il palazzo, entrò nella prima stanza e incontrò il primo gattino, quello che scopava. Ma invece di aiutarlo scoppiò a ridere. «Che scena ridicola», disse. «Un gattino con una scopa».
Poi entrò nella seconda stanza e vide il gatto che spolverava.
«Potresti darmi una mano a pulire in alto, dove io non arrivo?» le chiese il gattino.
«Scordatelo!» rispose seccata la ragazza. «Ma per chi mi hai preso? Non sono la tua serva!»
Lina arrivò infine nella terza stanza.
«Puoi tirare un pochino le coperte dalla tua parte?» disse il gatto. «Mi sembra che pendano un po’ troppo da questo lato... »
«Oh, ma certo!» disse Lina. E diede un tale strattone che disfece tutto il letto.
«Guarda che hai fatto!» la rimproverò il gatto.
«Ti sta bene», disse Lina «Così impari a infastidirmi».
In quell’attimo arrivò il gatto bianco e le disse di seguirlo. Quando fu davanti al Gatto Mammone, la ragazza raccontò tutta la storia e chiese un pezzo di sapone.
Il Gatto Mammone allora mandò a chiamare i gattini che lavoravano nelle stanze e domandò loro se Lina meritava ciò che aveva chiesto.
«Oh, no!» disse il primo gattino. «Mi ha preso in giro invece di aiutarmi!»
«Oh, no! disse il secondo gattino. «Mi ha risposto sgarbatamente invece di aiutarmi!»
«Oh, no!» disse il terzo gattino. «Mi ha fatto un dispetto invece di aiutarmi!»
«Va bene, ti do comunque il sapone che mi hai chiesto», disse il Gatto Mammone. «Ora torna alla fontana a lavare i panni. Quando sentirai ragliare un somaro, voltati a guardare».
Lina andò alla fontana e si mise ad aspettare; appena udì il somaro ragliare, si girò e... in fronte le spuntò un ciuffo di coda di somaro!
Non vi dico la rabbia della madre quando vide la figlia prediletta tornare a casa conciata in quel modo.
«È tutta colpa sua!» disse Lina indicando la sorella. La madre, allora, furibonda, cominciò a picchiare Lena. E gliene diede tante che la ragazza urlò dal dolore.
Proprio in quel momento vicino alla casa stava passando la carrozza del figlio del re. Il principe, udendo quelle grida, scese dalla carrozza e andò a vede re cosa stava succedendo. Lena, tra le lacrime, gli raccontò ogni cosa e il giovane, commosso, decise di portare la fanciulla con sé a palazzo.
Il principe si innamorò subito di Lena, non solo per la sua bellezza, ma anche e soprattutto per la bontà e il carattere allegro. Dopo qualche giorno, le chiese se voleva diventare sua moglie. La ragazza, che a sua volta si era innamorata, fu felicissima di accettare.
Il principe avrebbe voluto che la madre e la sorella della sua futura moglie ricevessero una punizione esemplare, ma Lena lo supplicò di perdonarle: erano la sua famiglia e, nonostante le pene patite, Lena non riusciva a odiarle. Il figlio del re allora ordinò che le due donne venissero allontanate dal paese e nessuno le vide più.
Ci furono le nozze e tutto andò a meraviglia.
Però sapete cosa mi sembra strano in questa fiaba? Mi sembra strano che il principe sia passato sotto le finestre di Lena proprio quando c’era bisogno di lui. Sì... ma è stato un caso. Eppure, sbaglierò, ma secondo me ci ha messo lo zampino... un certo Gatto Mammone!

Il gatto mammone, personaggio tipicamente fiabesco, ha origini medioevali; le sue fattezze bizzarre e i suoi misteriosi poteri affondano le radici nella notte dei tempi e negli oscuri recessi dell’immaginario comune. Mostro fantastico evocato per incutere paura ai bambini troppo vivaci allo scopo di sedarne gli eccessi di brio, è rintracciabile nei racconti popolari fin dal XIV secolo: è una variante del gatto scimmiesco, e deve probabilmente il suo nome alla parola araba maymun ‘scimmia’ (ma secondo altri ad uno degli attributi biblici del demonio, mammona). È significativo che sia, invece, l’eroe buono della fiaba di Italo Calvino dove la virtù è premiata e la malvagità punita.

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