È l’appuntamento topico di ogni
fine luglio, ab immemorabili, e anche
quest’anno puntuale, sottolineata anche da un caldo estivo finalmente giunto, è
arrivata LA FESTA. Basta solo dire “la festa” e ci si intende che ci si vuole
riferire a tutto il complesso di festeggiamenti in onore di Sant’Antonio di
Padova; si dice “la festa” e intendiamo dei giorni inconsueti per un tranquillo
paesino di montagna come il nostro. Per i giorni immediatamente precedenti e
seguenti le giornate strettamente festive sembra che la sonnolente estate
divenga una frenetica località turistica multilingue, con volti alcuni
familiari e altri nuovi che si incrociano per le vie, nei locali, nella spesa:
davvero insolito rispetto ai normali nostri ritmi. Forse occorrono delle
giornate come queste per scuotere la monotonia di un borgo di montagna, che
come tutti i suoi omologhi dell’Appennino Meridionale, si avvia ad un lento ed
inesorabile spegnimento; in giornate come queste sembra che invece questo trend si possa invertire e tornare la
ridente località che è nella memoria di tutti. E quando diciamo “la festa”
intendiamo anche memoria, infatti non è solo turismo questo coacervo di facce e
lingue, ma non è nemmeno la sola retorica, o almeno no lo è più, dell’emigrante
che ritorna nei suoi luoghi. Di sicuro è un ritorno ai propri affetti, e anche
solo per questo l’occasione della “festa” è benemerita, come è benemerito lo
sforzo di chi la organizza e contribuisce alla sua realizzazione, ma è anche
memoria delle radici delle seconde, terze, quarte generazioni di italiani
all’estero; è sempre più frequente incrociare nuovi “turisti”, che intravediamo
per la prima volta. Perciò quando si dice “la festa” si tocca un carattere
dell’identità popolare del paese: è un momento, forse il solo, che unisce
davvero tutti, anche per le motivazioni indicate; è un momento di memoria
collettiva che raggiunge il punto più alto nella processione della domenica. Nelle
oltre due ore in cui si attraversa in lungo e in largo, in basso ed in alto
tutto il paese si incontra tutta la
moltitudine delle persone che coglie questa occasione per essere a Volturara.
Si dice “festa” per dire tutto questo ma anche di più, e allora con qualche
foto si cerca di fissare qualche momento di questa festa 2013, che insieme agli
altri finirà nella memoria di ognuno, nel suo personale album di ricordi e
sensazioni. Dire “festa”, come ha ricordato padre Gaetano Del Percio, OSST, nel
suo sermone finale è anche fare i conti con il tempo che è passato da un anno
all’altro, con il suo carico di gioie e dolori, di cose buone e lutti che si
sono susseguiti e di come questo giorno lieto per la maggior parte delle
persone ha per qualche altro un risvolto amaro o sicuramente meno allegro; di
tutto questo si ha una viva percezione appunto nell’accompagnare il Santo anche
da chi per tanti motivi non è presente o partecipe in prima persona.
Poi con gli ultimi fuochi di
artificio anche per questo anno “la festa” finisce e c’è un anno davanti per
aspettare la prossima.
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