Adesso è finalmente certo. Il 12 e 13 giugno i quesiti referendari saranno 4: due di essi riguarderanno la privatizzazione dell’acqua, uno il nucleare e l’ultimo sul legittimo impedimento; tre hanno una sicura valenza ambientale l’acqua e il nucleare, il restante quesito ha invece una rilevanza più politica, ma anche di legalità, nel senso di uguaglianza sostanziale tra i cittadini di fronte alla legge. Tralasciando delle considerazioni sull’ultimo quesito, che è materia dei quotidiani e delle cronache giudiziarie, spendiamo qualche parola sui primi tre, nel pieno rispetto delle linee ispiratrici di questo blog. L’acqua un bene primario per eccellenza, deve essere e rimanere pubblica così da essere un diritto accessibile a tutti. Per una gestione efficiente ed efficace basterebbe allontanare non la politica, ma i partiti con i loro appetiti, dagli enti e fare posto ad amministratori competenti; ma non è il referendum che possa fare questo miracolo e questa è tutta un’altra storia. Poi a far diventare l’acqua un affare per i privati altro non significa che far pagare una quota di profitto (adeguata remunerazione del capitale investito) dagli utenti, caricandola direttamente sulla bolletta. Già queste motivazioni sono più che sufficienti per esprimere un SI convinto alla richiesta di abrogazione; inoltre se volessimo aggiungere un’altra ragione chiediamoci perche Parigi, e dico Parigi, dopo la privatizzazione dell’acquedotto è di nuovo ritornata ad una gestione pubblica dell’acqua? Forse quel modello di gestione (il privato), per questo tipo di bene (acqua =diritto) non è il più indicato, che che ne dica il decreto Ronchi, nei punti di cui si chiede l’abrogazione. Veniamo al nucleare: la Germania spegne le sue centrali e il governo italiano si balocca ancora nell’idea di costruire nuovi impianti (forse già vecchi come concezione: di cosiddetta 4^ generazione), dove non si sa ancora, con chi invece si; l’incidente giapponese piuttosto che far rinsavire ha portato ad un goffo tentativo di prendere in giro i cittadini, fingendo una moratoria in attesa di tempi migliori (nuove evidenze scientifiche) e invece dal “Palazzaccio” è arrivata la conferma del referendum, anche se trasferito su un nuovo quesito. Con un ulteriore danno economico (da ricordare il mancato abbinamento con le ultime elezioni): bisogna ristampare le schede; e i cittadini all’estero già stanno votando sul quesito precedente. Un altro SI allora è d’obbligo. Allora come gridavano i liberali dell’Ottocento: “ Alle urne, alle urne”! Cosicché, il 12 e il 13 giugno il quorum necessario per la validità dei referendum, sia raggiunto e il cittadino si riappropri della sua sovranità, nell’esercizio del diritto di partecipazione che è proprio dell’istituto del REFERENDUM, come la COSTITUZIONE statuisce e prevede all’articolo 75. SI SI SI SI UN APPELLO AI NOSTRI CONCITTADINI RESIDENTI ALL’ESTERO: Gli elettori italiani residenti all’estero possono votare per ogni referendum come anche in caso di rinnovo del Parlamento italiano. Il voto avviene tramite posta. Nel caso dei referendum di giugno 2011, la busta con le schede va spedita in modo che arrivi al Consolato entro e non oltre le ore 16 di giovedì 18 giugno (ma sarebbe bene chiamare il Consolato italiano del Paese ove si risiede per certezza). Per votare all’estero occorre essere iscritti all’AIRE (l’anagrafe della popolazione italiana residente all’estero).
Fra Girolamo